domenica 28 febbraio 2010

Le vostre bombette


Quando ero in terza elementare, un giorno la maestra di matematica ci raccontò di una giornata di quasi dieci anni prima, alla stazione di Bologna.
Lei tornava da una gita scout. Aveva i calzoni corti, i calzetti traforati e le piaceva Carlo, un ragazzo suo coetaneo.
Erano in treno da un paio d'ore, arrivo previsto ore 10.30, stazione centrale, Bologna.
All'altezza di Ferrara il loro treno venne bloccato su un binario, sotto un sole cocente.
La maestra ci raccontò che in pochi minuti lo scompartimento divenne talmente caldo che tutti i ragazzi gocciolavano sudore e lei si vergognava tantissimo, perchè era quella che gocciolava di più. Pensò al suo mascara, all'eye liner che sentiva sciogliersi sulle guancie.
Mentre quella che sarebbe diventata la mia maestra e gli altri ragazzi scout soffrivano il caldo fermi su un binario a Ferrara, a Bologna morivano 85 persone.
Mio padre tornando dal lavoro vedeva i taxi pieni di corpi destinazione qualunque ospedale non rischiasse il collasso e avesse almeno un corridoio libero.
Era il 2 agosto 1980.
Purtroppo sono passati trent'anni, e le persone hanno la memoria labile. Per persone non intendo il povero ragazzo sperduto che sogna un mondo proletario o il neofascista dei quartieri alti. Neanche il contadino di Solarolo. Parlo di persone come noi, come me e te, che vivono una vita normale, che lavorano a volte anche nel sociale, che hanno una scala di valori vicina a quella che consideriamo una scala di valori normale.
Credono che le bombette, come le ha chiamate una mia collega qualche giorno fa, siano utili, lo credono ancora in tanti.
Si nascondono dietro il fascino dell'estremismo, la voglia di non omologarsi, perfino la lotta al capitalismo. Oppure parlano di unica soluzione.
Io non penso ci sia solo un'unica soluzione, ma penso che sia dannatamente più facile pensarlo.
Preoccupiamoci.

sabato 27 febbraio 2010

RIP

-Ehi? ma sei italiana? Io ADORO l'Italia!! Mi piace tantissimo la pizza e Pavarotti è il mio cantante preferito..
-E' morto...
-Eh...?
-E' morto. Pavarotti è morto. Te l'hanno detto?
-Si, volevo dire che era il mio cantante preferito. Ciao sono inglese, vengo da Londra e lavoro duro ora. Com'è la mia pronuncia??
-Buona, Buona.
-Com'è il tempo in Italia ora, andate al mare?
-Ma no, è come qui credo..
-...pensavo fosse più caldo, non siete sopra la Turchia?


Sarà anche la pronipote di Bob Marley, ma è proprio scema.

mercoledì 24 febbraio 2010

Le parole sono importanti

La mia coinquilina, ogni mattina dopo colazione, entra in bagno, fa un passetto indietro e urla : Hey, do you have to go to the loo before leaving?
Questa, che potrebbe sembrare l'educata affermazione di una coinquilina premurosa che non vuole farmi morire per esplosione uretrale (ho sempre temuto esistesse) mentre lei si fa un bagno di un' ora, in realtà mi causa seri problemi di digestione.
In inglese loo vuol dire letteralmente latrina. Non bagno, servizio, toilette o ritiro. Vuol dire latrina, o cesso, a seconda del sentimento. E' come se l'architetto dicesse, ogni mattina dopo colazione, Oh vuoi andare al cesso prima di uscire? ( l'accostamento architetto-coinquilina è stato fatto solo in virtù del fattore convivenza, nessuna relazione omosessuale tra me e la brasiliana, almeno per ora).
Credo che usare la parola cesso sia il primo passo verso un decadimento totale dello spirito di una persona. Credo che le persone che usano brutte parole siano brutte persone o probabilmente persone abituate a considerarsi più insignificanti di un biglietto della metropolitana caduto a Leicester Square.
Inoltre credo che l'uso della parola latrina ogni mattina sia causa del maltempo in Inghilterra, dei miei capelli secchi, della fame nel mondo e della non-morte di Andreotti più svariate conseguenze che devo ancora identificare.
Credo, come diceva Nanni Moretti in qualche film di cui non ricordo il nome, che le parole siano importanti.

martedì 23 febbraio 2010

Peccare di libertà

Vivo la mia vita con un cinismo disarmante.
Non rido se non mi viene da ridere, ne piango se non mi viene da piangere. Ho mille pregiudizi, odio gli italiani che non sanno parlare italiano, ne gli inglesi che non sanno parlare inglese. Mi fanno senso gli accenti, specie alcuni, e non lo ribadisco ulteriormente per non passare per molestatrice di isolani italici. Credo che la gente sciatta si meriti il peggio dalla vita. Odio la volgarità, gli uomini che sono tuoi amici finché capiscono che non gliela dai (non te l'ho mai data, non te la darò ora!) e le amiche che non credono che l'amicizia sia un valore. Faccio battute, anche cattive, anche sugli storpi. Sono storpia a mia volta, mancandomi sette diottrie da un occhio e otto dall'altro. Cado, mi rialzo, ricado. Mi stanno simpatiche le persone semplici, e antipatici gli intellettuali di sinistra, ma non lo sostengo sempre perché anch'io devo lavorare. Mi sono tinta i capelli, ma preferisco i capelli bianchi. Sono nata vecchia, ma sarò più giovane di alcuni di voi, a sessant'anni.
Può capitare che scriva cose che non hanno un senso, e questa può essere una di quelle volte.


Da due giorni mi arrovello cercando di scrivere una descrizione di me stessa, per un lavoro che devo fare.
Le cose semplici per gli altri sono per me sempre le più difficili da fare.

sabato 20 febbraio 2010

# Flash #

2000
Il parrucchiere di cui ero leggermente invaghita che mentre mi stira i capelli risponde alla mia richiesta di una sua collocazione anagrafica alzando un sopracciglio e dicendo non posso dirtelo per motivi fiscali.

giovedì 18 febbraio 2010

Follow the rules























Non c'è due senza tre, e la terza casa si prospetta quella giusta.
Il quartiere è molto bello, verde, tranquillo. Le case sono vittoriane e georgiane, e sembra di essere in un fotogramma di Camera con vista.
Insomma, quello che ci voleva, quantomeno a me.
La mia coinquilina è brasiliana. Ha tra i 25 e i 40 anni, è piccolina e scurissima, con due tette enormi che farebbero la felicità di qualche mio amico bolognese.
Klara è una brasiliana deliziosamente inglese, nel senso che in 5 anni di vita qui ha acquisito quasi tutte le abitudini albioniche più comuni ( la cup of tea, cena alle 6, deodorante per il bagno) e si anche è strutturata internamente come una vera british.
Che vuol dire?
Gli inglesi sono dei pilastri conficcati nel cemento. Non hanno reazioni emotive, non condividono le gioie e i dolori, non hanno un giorno no. Sono precisi, efficienti, delle macchine da guerra. Tedeschi più dei tedeschi, svizzeri più degli svizzeri. Hanno il vizio di bere, probabilmente l'unica cosa che gli permette di esteriorizzare la loro energia umana, e perciò quando ingurgitano un qualsiasi quantitativo di alcol, aprono le danze e si salvi che può. E in questo sono eccessivi, come tutti quelli che si proibiscono qualcosa che è naturale, come emozionarsi.
Il rigore brasilo-albionico di Klara si manifesta soprattutto in una cosa: la gestione degli orari mattutini.
Dal primo giorno che mi ha visto ciondolare per casa come uno zombie, alle sette della mattina, indecisa se prima fare una doccia o affondare in una ciotola di cereali, Klara ha capito che non saremmo andate d'accordo.
E così è nato il calendario.
Il calendario è un elenco delle giornate, dal lunedì al venerdì, con annessi orari in cui ci dobbiamo alzare, dobbiamo fare la doccia e la colazione.
Un esempio? io il martedì mi devo alzare alle 7.10. Doccia ore 7.15. Colazione ore 7.30.
Tutto questo per non fare aspettare l'altro e per non rischiare, ovviamente, di fare tardi (mon dieu).
All'inizio ammetto di averla trovata un'idea normale, non mi infastidiva (venivo da due settimane di cipolle a colazione, capitemi). Evidentemente mi ero scordata che sono un indecisa cronica, una pigra compulsiva, una fancazzista ma soprattutto non riesco a seguire le regole, congenitamente, da sempre.
Ciò mi porta a scegliere all'ultimo qualsiasi cosa, figuratevi se fare prima o dopo la colazione o la doccia.
Così ogni notte, prima di andare a letto, devo segnare su un post it a che ora devo alzarmi, lavami e mangiare, perchè ovviamente con tutte le cose che devo ricordarmi, figuriamoci se all'inizio della lista ci sono gli orari da rispettare.
Neanche mia madre, quando mi controllava per sentire se puzzavo di fumo, a tredici anni, era così diabolicamente metodica.



giovedì 11 febbraio 2010

Scene di vita londinese



Allora.
Io e l'architetto stavamo camminando nella zona di Convent Garden, con la carta di credito pronta per l'acquisto di qualsiasi cosa, anche uno stura lavandini.

Credo che lo shopping sia una delle poche cose rimaste che mi da soddisfazione, da quando ho smesso di fumare e sono perennemente a dieta.

Camminavamo nella zona di Covent Garden molto tranquillamente, no forse io avevo molta fame, per i motivi di cui sopra.
A un certo punto da un palazzo che pare ospiti un importante istituzione inglese, esce un uomo che ha tutta l'aria di sedere alla camera dei Lord. E' seguito da due uomini, probabilmente due portaborse. Parla un inglese perfettamente chiaro ed evidentemente nobile. E' abbastanza anziano, alto un metro, largo due.
Io e l'Architetto ci guardiamo e lo facciamo passare avanti, lui forse per cortesia, io perché lo voglio seguire, in quanto ha tutta l'aria di essere interessante da pedinare.
E poi bom.
Ad altezza del sedere (livello caviglia, più o meno, per gli umani) noto, sul completo nero perfettamente stirato, un lungo capello biondo.
Non era un pelo, un filo o che altro. Era un capello umano, femminile. Pure bello.
E da lì parte la mia mente.

- chi è costei che ha intrattenuto relazioni-amicali, coniugali, extra-coniugali, professionali- con il Lord inglese?
- nel caso numero 1, come diavolo è finito un capello biondo sul culo di un Lord?
- nel caso numero 2, o la moglie del Lord è giovane o quello che ci dicono sulla produzione tricotica post menopausa è pura menzogna.
- nel caso numero 3, da me fortemente considerato il più probabile, lei sedeva sotto di lui? e se sì, che facevano? Può essere che il Lord inglese voglia essere preso in braccio e coccolato, dopo un arringa difficile a Westminster? Non è che sono influenzata troppo dalle vicende politiche italiane e vedo politica e concupiscenza ovunque?
- nel caso numero 4, come si chiama un Lord donna?

mercoledì 10 febbraio 2010

Fatiche per un sano momento di gloria personale

La mia vita qui procede.
Mi rendo conto di essere piuttosto cosmolita, anche se sono nata in una città di media-grandezza e ho vissuto per lungo tempo in un paesino al confine tra Bologna e Modena.
A volte penso che sia proprio questo il mio punto di forza, il provincialismo mi ha reso un materiale resistente.
La vita di provincia ti tempra più di qualsiasi gavetta per aspirante animale metropolitano. Battersi contro un pensiero comune ottuso, scegliere di non sposarsi il compagno di catechismo, volere vedere cosa c'è aldilà delle mura del nostro castello è di per sé un' impresa rivoluzionaria. Prendere e partire, tagliare, lacerare o mantenere i rapporti, è l'atto che ogni figlio/a dovrebbe portare avanti nei confronti dell'ambiente che lo ha visto nascere.
Forse per questo noi provinciali siamo fondamentalmente delle rocce, adattabili più di una panthera leo persica che in realtà è il leone asiatico ma in latino mi garba di più.

Pensavo a questo stamattina, quando durante una salita disumana in bici, tra un autobus a 2 piani, un camper, e un tir della butterly utterly, con computer, libri e quaderni, ha cominciato a grandinare.

lunedì 8 febbraio 2010

Inchiavabilità albionica


L'Architetto sostiene che l'acquisto del kit per il safe cycling, che vedete qui sopra indossato dalla sottoscritta in una delle sue disinvolte pose per la stampa, abbia come obiettivo la mia sopravvivenza in questi sei mesi di vita nella City.
Io (e i miei colleghi) temiamo che ci sia, come dire, un obiettivo non troppo nascosto: rendermi inchiavabile.
Sorry for my french.

martedì 2 febbraio 2010

Io e Savanna

Arriva un momento nella vita in cui si fanno cose mai fatte prima.
Non si sa perché, se scatta qualcosa nel cervello o arriva un particolare ormone addetto a completare quanto non portato a termine. Un ormone preciso, un ormone vergine, riprende le idee là dove le abbiamo lasciate sedimentare e le fa germogliare, o morire.
Dopo averle covate, incubate, coccolate per giorni, mesi, anni, alcune idee esplodono e si materializzano nella nostra realtà. A volte sono così importanti che la loro attuazione ci da una grande soddisfazione. Altre sono state così represse da esplodere letteralmente come un gayser, e quando lo realizzi hai ammazzato il vicino di casa (o il compagno di casa) (o il marito) (l'elenco potrebbe continuare)(non lo continuo però).
Ecco, io sono una di quelle persone che o fa le cose senza pensarci (creando grossi problemi a se stessa e alla realtà di persone che le ruota attorno) o ci pensa talmente tanto che non le fa.
Per anni, secoli.
Ecco, sabato ho fatto una cosa che da otto anni mi ripromettevo di fare, senza ovviamente farla.
Ho comprato una bici.
(bisogna partire dalle piccole cose, no??)


( la nostra piccola legata in balcone, fianco sinistro)


Penso di essere lo zimbello delle mie amiche a Bologna per quante volte ho detto " adesso mi compro una bicicletta" e poi arrivavo con il 20.
Scusate, son fatta così.
Ma come potete notare sono entrata in un processo di evoluzione - molto lenta e graduale.
Al momento io e Savannah (in Italia c'è la Graziella, a Londra c'è la Savannah) godiamo di ottima salute. L'umidità e la copiosa pioggia non ci hanno impedito di percorrere svariate miglia insudiciandoci, bagnandoci, imbruttendoci come mai nella vita avrei pensato.
Per ora nessun incidente, a parte un piccolo inconveniente avvenuto su una salita, quando ingranando la marcia sbagliata ho pedalato a vuoto per mezzora assomigliando a un criceto sulla ruota.
Dettaglio, però, del tutto trascurabile, data la portata globale dell'impresa.

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