lunedì 30 novembre 2009

Massima possibilità di muoversi e così poco potere di controllo

Per noi impegnate in relazioni sentimentali più o meno stabili, Internet è più pericoloso del passeggiare a Milano durante la settimana della moda.
Così, per non soccombere sotto il pensiero ossessivo "avrà un account Badoo sotto falso nome?"o "scriverà in un blog le nostre avventure sessuali sotto lo pseudonimo di D'Artagnan?" la risposta è una e una sola: che palle, ci vuole fiducia.
La fiducia è un concetto inflazionato. Ci vuole sempre fiducia per tutto. Per votare, bisogna dare fiducia. Agli amici devi dare fiducia. A chi ti ristruttura la casa devi dare fiducia.
Così, pare che la fiducia sia l'ingrediente fondamentale delle relazioni della nostra vita.
Ma ora?
Come dare fiducia ai tempi del voyerismo, dei social network, delle ex che ricompaiono vent'anni dopo e fanno un album fotografico dedicato al tuo fidanzato, dei Marrazzi di turno che sotto la maschera di perbenismo nascondono una dedizione all'infedeltà coniugale?
E poi.
E' la stessa cosa se mi resti fedele ma hai visto 274 volte la foto dell'Emilia in costume?
Un tempo la fiducia sentimentale era scandita dai ritmi dell'orologio, dall'uso del telefono e dal fattore C.
Se tornavi a casa due ore dopo e non eri in ufficio, dovevi cominciare a correre, e veloce. Se ti baciavi a Venezia con una platessa qualunque, poteva andarti bene o essere visto da un' amica casualmente lì in vacanza, e allora era sfiga.
Ma la fiducia che richiede una relazione ai tempi del web 2.0 è una gran brutta storia.
E' una fiducia totale, di quelle che non dai neppure a tua madre. Necessita leggerezza e voglia di separare con muri altissimi i propri spazi, e anche insonorizzarli. Perchè ogni minimo segnale è facilmente fraintendibile e hai la certezza che là sia pieno di minimi segnali.
Perchè la rete nasconde tutto e al contempo rivela tutto.
E così la fiducia ai tempi del web 2.0 deve essere rivista, rinegoziata, ripensata, trovando risposte più creative per le nostre ansie di controllo- non solo femminili, ma umane- cercando possibilmente di non essere incriminate per Stalking.



domenica 29 novembre 2009

Così

Ieri sera sono andata a una festa.
La metà delle persone erano fricchettoni trenta-quarentenni. Le donne ballavano invocando la luna, gli uomini avevano stomaci protesi gonfi di birra, e lo sguardo lucido.
Una conoscente mi ha parlato un'ora della bellezza di Londra, mentre le dicevo a intervalli regolari " la conosco eh, ci son già stata eh" per cercare di porre fine al momento Lonely Planet.
A un certo punto mi ha dato il numero di uno Squat dove da gennaio si libera un posto.
Chissà se ha capito che faccio fatica a rapportarmi con una persona, figuriamoci trenta. E questo non significa che sono un'asociale incapace di divertirsi. Solo che c'è anche una dimensione più privata di approccio alle persone e che pensare di dormire vicino a gente come lei, con quel capello bisunto, non mi da una sensazione di libertà. Anzi, di treno per Auschwitz.
Ho vagato qua e là da un gruppetto all' altro, come faccio sempre, e ho pensato che sarei volentieri tornata a casa a dare l'aspirapolvere.

venerdì 27 novembre 2009

Questa irrefrenabile necessità di donne dell'est.

La mia amica Nina ha una nonna di 87 anni tabagista, comunista e con un alzheimer galoppante.
Stremata da tre mesi di avanti e indietro notturni casa-nonna perchè la vecchietta ha scambiato il giorno per la notte (come è vero che si torna bambini ), ha deciso di chiamare una badante.
Dopo qualche ricerca in cui sono stata coinvolta anche io, la scelta è ricaduta su Enya, rumena.
Ci ha fatto subito simpatia, così pasciuta e rubiconda, con due tette a punta serrate sotto un body rosa.
Più che altro non abbiamo avuto alternative, dato che le altre badanti incontrate erano, nell'ordine: senza denti, una parlava solo il russo, l'altra con evidenti problemi di alcolismo.
Così Nina ha scelto.

Mi chiama qualche giorno fa:

Sono passata davanti a casa di nonna, c'era Enya alla finestra che faceva vedere le tette al pizzaiolo in strada! Lui da sotto faceva un gesto strano con due mani e si indicava il pisello! Sono scesa e le ho gridato: "Enya! Torna dentro!" E lei mi ha risposto " Signorina, anche io me lo devo trovare un fidanzato!". Quando sono entrata nonna mi ha guardato e chiesto se ero il tecnico della caldaia.
Tornata a casa ho pensato che io un uomo non ce l'ho.
Ho pianto contro il cuscino che mi avevi regalato tu, quello con le pecore.


mercoledì 25 novembre 2009

E c'è chi la chiama normalità

A volte nella vita ci sono periodi che assomigliano a un elettrocardiogramma piatto, con delle punte - sporadiche- di follia.
Cioè, uno con l'elettrocardiogramma piatto, insegna E.R., è deceduto. Ma se qualcuno si è fatto, come me, rovinare le notti dell'adolescenza da X files o dall'italianissimo Voci Notturne (e qui la mia emilianità ha un impennata), sa a cosa mi riferisco.
La mia vita ultimamente è piuttosto piatta. C'è chi dice che sono periodi, chi " è la quiete prima della tempesta", chi semplicemente mi fa pat pat sulla spalla.
Io non lo so.

Pensavo di avere una vita monotona finchè non ho avuto la fantastica opportunità di soggiornare nella periferia di Padova.
Il mio primo approccio è stato con il barista:

- Scusi, sto morendo di pipì, dove trovo il bagno?
- Là.
- Grazie!
- Se non consumi però non te la faccio fare.

Il mio secondo approccio è stato con la signora del B&B:

- Salve, ho prenotato una stanza per due.
- Si, si...entrate..questa è la camera, lì c'è il bagno, là la colazione e adesso mi dovete pagare.

E fin qui tutto ok. D'altronde non sono io che voto Lega.
Dopo due giorni chiusi in un B&B, riesumo per dare un concorso e bum. Scopro che il barista e la signora del B&B si sono moltiplicati, e hanno assunto le sembianze dei miei colleghi di concorso. Scene in cui io chiedo " scusa puoi dirmi a che ora comincia la terza prova?" a cui c'è chi risponde "guarda su internet" e a cui mi vendico con " si si , io il prozac lo darei a un bimbo di sette anni, mettilo nel compito" .
Almeno sono certa di non trovarmela come collega.

Ma la cosa che più mi ha riempito il cuore di densa e lattiginosa nebbia padana è stato vedere questa periferia.
Una chiesa sì, una sì e una sì. Suv parcheggiati con gambe divaricate al vento, probabilmente non italiche. Muratori con sguardi persi nei riflessi delle vetrine delle gioiellerie.
Una strana calma apparente, sotto cui è percepibile uno stridio angosciante .

Dopo due giorni ho avuto un attacco di shopping compulsivo che neanche ai saldi di Harrods. Ho trascinato Lui in ogni angolo del centro di Padova e avrei comprato perfino degli scovolini per placarmi. Entravo nei negozi con la carta di credito in mano e lo sguardo da Metadone, sarei andata pure dalle Paoline pur di tornare a casa con un pacchetto gonfio di qualcosa di nuovo.
Alla fine, con la bava alla bocca, ho rimediato una mezza chilata di un dolce veneto con frutta e pane.
Buono eh, ma peso quanto Giuliano Ferrara.
Ovviamente Lui è tornato a casa con due sacchetti pieni e (secondo me) sculettava pure.

martedì 24 novembre 2009

La mia situazione attuale (mai ectual situescion)

Sono chiusa in un Bed and Breakfast della periferia di Padova, accanto a un cimitero e a una Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno.
Qui sembra non succedere nulla di rilevante, tranne un concerto imminente di Marylin Manson a Treviso.
Riesco anche a fare ironia, si, ma solo per coprire la grave e pervasiva sensazione di morte che mi prende quando sono costretta a svegliarmi prima delle sei della mattina.

A breve i dettagli.

giovedì 19 novembre 2009

L'amore al tempo del Wunderbaier

L'estate del 1996 me la ricorderò sempre.
Al lessico in codice che avevamo inventato per parlare dei nostri affari, mentre passavamo l'estate dai parenti nelle Marche, la Checca aggiunse il termine Wunderbaier.




Al Wunderbaier era da un pò che ci si pensava.
Wunderbaier lo facevano sempre in Biutiful e per sottolinearne l'arrivo partiva il sassofono.
Wunderbaier lo praticava anche Barbie snodabile sul sedile posteriore del camper di Ken.
Il fratello della Checca faceva Wunderbaier da solo chiuso nel bagno, e la nonna lo scopriva sempre e gli diceva di lavarsi le mani con l'aceto.
Insomma, ho ben impresso quel momento che mi catapultò nella vita adulta o, almeno, di ragazza che ha a che fare con l'altro sesso.
Perchè quando sai che è possibile il Wunderbaier, i ragazzi li guardi in modo diverso e senti strane aritmie interne, anche se guardi la Barbie con nostalgia.
Poi gli anni passano e il Wunderbaier diventa la norma e la più grande attrattiva dell'età adulta. Si diventa monotematici scindendo le relazioni in wunderbaieriane o meno e c' è gente che per fare Wunderbaier ti fa ubriacare, va a troie o con la prima platessa che passa. E il Wunderbaier è ovunque, anche nelle ragazzine delle elementari che ti chiedono come posso fare perchè sono poco secsi.
Così.
Adorerei tornare indietro in quei cinemi solitari, dove passavi i pomeriggi sprofondata nelle poltrone rosse, a pensare alla prossima sequela di limoni, maledicendo tua madre per l' aglio e olio a pranzo.
C'era una leggerezza che sento ogni giorno più lontana, un pò la sensazione che avevo quando con le Barbie non mi divertivo più.


mercoledì 18 novembre 2009

Una leggera tensione

Ovviamente, nei momenti maggiormente irrequieti della tua vita, arriva un ciclone qualsiasi a devastare anche quei pochi alberelli che stanno in piedi per grazia divina.
Dovremmo essere abituati a non abbassare mai la guardia, pronti con un kalashnikov carico a freddare qualsiasi new entry negativa si palesi all'orizzonte, che se ha i capelli lunghi e biondi e un sorriso da platessa è pure mejo.
Per dirla in modo più ottimistico, si potrebbe optare per un sano distacco zen che ci faccia rimanere nelle cose ma contemporaneamente fuori.
Ecco, io ancora non l'ho imparato.
Non so usare le armi e non so distaccarmi, so essere dentro come pochi alle piaghe e mi ci gongolo pure con un sorriso da ebete, finchè non cado dalla sedia e il tonfo mi sveglia.
Ahi, che male.
Conto comunque di sopravviverne.
Ma che palle, si può dire?

domenica 15 novembre 2009

Watch out

Se c'è un regista che mi piace davvero è Paolo Virzì.

Mi è venuto in mente stamattina perchè pensavo a un suo film, a Caterina va in città.
Molti l'hanno trovato banale, scontato, un pò infantile e leggero.
A me è piaciuto, forse perchè da piccola per lungo tempo mi sono sentita la provinciale approdata a Bologna, con le scarpe sbagliate e le idee politiche ancora troppo confuse per i miei 13 anni.
Un conoscente che lavora con Virzì mi ha detto (testuali parole): " sta completamente rincitrullito, soprattutto ora che s'è sposato 'na ventenne", terminando con l'amore non fa bene al cinema.
Che se aggiungeva via i dialoghi brillanti, usiamo solamente la camera a mano e non guardo il porno ma solo i film erotici completava il quadro del perfetto intellettuale di sinistra.
Ma vabbè.
Mi è venuto in mente Virzì perchè mi capita spesso di essere a contatto con persone che rivedo adolescenti arrabbiate contro il sistema, con i loro jeans sdruciti, il Manifesto e il parlare sull'ideale ascetico come volontà del nulla.
Li rivedo come fosse ieri, arrabbiati per i finanziamenti dati alle scuole private, che rinnegavano i sacramenti come dei tarantolati, che mi correggevano la pronuncia di Abbas Kiarostami.
Alla fine si sono sposati con i chirurghi più famosi, con i grandi architetti di Milano, con gli ingegneri che abbruttiscono Bologna in nome di una estetica da manuale che non si traduce in architetture vivibili.
Hanno case nelle piazze più belle di questa città e non disdegnano una Messa ogni tanto, perchè la Chiesa è del De Vincenzo.
Buona parte di loro appartiene al sindacato e lavora per i diritti dei negri e dei marocchini, che chiamano immigrati e di certo non frequentano perchè si vestono troppo colorati.
Saranno sicuramente la classe politica di domani e anzi, qualcuno già vi appartiene.


sabato 14 novembre 2009

Cercare casa

Nel marasma generale che è la fine di quest'anno, dove nella mia vita si intrecciano obblighi lavorativi e voli pindarici, moti di indipendenza e voglia di legami, sto facendo qualcosa che non ho assolutamente mai fatto prima: cercare casa.
Ovviamente anche i sassi sanno che non la cerco in Italia, ma in una delle metropoli più belle e difficili del mondo.


L-O-N-D-R-A.
Sono partita con grande entusiasmo e ho cominciato a mettere svariati annunci su internet e, a oggi, questi sono i risultati:
- le case che mi piacciono stanno nel quadrilatero bohp-chic di Londra, ergo dovrei vendere tutti i miei organi interni o optare per il mestiere più vecchio del mondo per permettermi di vivere anche un solo giorno in una di quelle splendide case vittoriane :(
- le case che mi piacciono appartengono per la maggioranza a gay, che vogliono che tu sia gay friendly se non addirittura gay (lo chiedono nelle references). Io non sono una molestatrice di omosessuali, ma che mi chiedano con chi mi piace andare a letto, per affittare una casa, anche no.
- ogni volta che trovo una casa le mie amiche/colleghe/zie/nonne/passanti dicono "Ma dici zona x4%$&%&$???ma sei matta?? Nel 1996 li mi hanno quasi rapinato!!!!", facendomi depennare in queste ultime settimane almeno sei zone papabili, in cui ovviamente i prezzi delle case sarebbero, non dico abbordabili, ma almeno civili. Se andiamo avanti così faccio come Tom Hanks, rimango a vivere in aereoporto. Tanto Gatwick è grande.
- ho finalmente realizzato che sono una miracolata, una baciata dalla fortuna, una figlia della tranquillità. Non ho mai impiegato più di quindici minuti per andare al lavoro. Facendo due brevi conti a Londra mi ci vorrà un'ora per arrivare alla mia scrivania per le 9 e, mi immagino, sarò in condizioni disastrose. Mi scompenso a prendere il venti, vogliamo parlare della metro della City all'ora di punta??
Quindi la ricerca prosegue.
Ma consentitemi di dire una cosa.
O-m-i-o-d-i-o.


martedì 10 novembre 2009

Si comincia a fare figli ma non si comincia a crescere

La notizia del giorno è sempre la stessa.
Qualche tua coetanea si è fatta ingravidare e sta per sfornare (quanto mi piace, in inglese, il verbo delivery) un altro bambino/a.
Se sarà femmina avrà il piacere di indossare fashionissime tutine di Hello Kitty e Ugg versione baby.
Se è maschio la mamma sarà meno felice, ma troverà sempre un bel paio di Jeans sborsati sul piccolo pacco-to-be, che fanno sempre un sacco bello.
Insomma, dopo anni in cui ci siamo impillolate, spiralizzate, incerottate, da un pò di tempo le donne hanno riscoperto l'amore libero, il desiderio di pancia, di un figlio che cresce.
Niente di grave se si fanno bambini, sempre meglio che fare guerre.
Il problema è quando si usano i figli per dare un senso a un'esistenza già perduta, davanti a cui ci sentiamo impotenti e in balia di forze maggiori. Usiamo i figli come scudi contro la solitudine, contro la mancanza di ambizioni e la pressione ad averne, come scusa per non ammettere al mondo la nostra mediocrità.
E allora si, facciamo figli, credendo che ci salveranno dal nostro nulla, mentre loro avrebbero solo voglia di crescere sotto il nostro sguardo felice, liberi e leggeri come quando erano immersi nella placenta.
Fare figli è di moda nella collezione a/i della nostra vita.


Non c'è niente di male a fare un bambino.
Dopo tutto c'è la speranza che sia un individuo migliore di noi.

lunedì 9 novembre 2009

Londra, sì. La capitale dell'Inghilterra

Qualche giorno fa ho avuto una conversazione surreale con una conoscente, dopo averle annunciato che mi trasferivo a Londra per lavoro.

- vado a Londra.

- Londra?

- Sì, Londra.

- Londra....

- Si, si. Londra.

- Ma....Londra, Londra?

- Sì, Londra. La capitale dell'Inghilterra.

- Ahh...


Da quel giorno mi sono chiesta che cosa avesse creato così tanta confusione nella sua testa mononeuronica per arrivare a chiedermi 5 volte se davvero si trattasse di Londra (si, Londra!)


1) ovviamente non pensava alla capitale dell'Inghilterra. Dopo Barcellona Pozzo di Gotto, ha pensato a Londra Calabra (d'altronde in provincia di Modena, c'è la California, quindi tutto è possibile).

2) ha pensato a uno scherzo da parte mia, che sono una riconosciuta burlona. Che ridere!

3) ha avuto una lesione al lobo temporale con conseguente fissazione mentale, e ora sta vagando per Bologna dicendo Londra a chiunque incontri. Se la incontrate siete pregati di chiamare il 118 o direttamente Villa Baruzziana.

4) Non conosceva Londra per nome. Per lei è semmpre stata la capitale dell'Inghilterra. Ora che lo sa è corsa a correggere le sue centocinquanta Smemorande su cui aveva scritto con l'evidenziatore fucsia " domani vado in viaggio studio nella capitale dell'Inghilterra".

5) è siciliana e non lo sapevo. Da lei si dice Lonttrra.

giovedì 5 novembre 2009

I presupposti c'erano: piccoli cattolici crescono

Nel lontano 19*$, quando la sottoscritta pensava solo a limonare e a mettersi il kayal ( come suona bene, kayal), era obbligata a frequentare l'oratorio di un piccolo paesino pedemontano della provincia di Bologna di cui non rivelerà il nome neppure sotto tortura.
I suoi sabato pomeriggio erano scanditi dal catechismo, questa cosa a metà tra la scuola prolungata e una messa anticipata, in entrambi i casi di una noia mortale e a cui avrebbe preferito la pubblica fustigazione.
Partiva da casa dopo pranzo e faceva il tragitto verso la parrocchia con tale PC, ragazzina tredicenne prosperosa quanto una Gradisca, vestita di abitini di tulle che mal contenevano le sue espansioni adolescenziali.
La sottoscritta, all'epoca smilza ragazzina priva di sembianze femminili, rimaneva piuttosto stordita dal rigoglio di carni esibito dall'amica, e immaginava segretamente che prima o poi sarebbe scoppiata nella piazza del paese, come quei palloncini della festa dell'Unità quando ci giochi troppo.


Arrivate in parrocchia, le due amiche dovevano sedersi in banchi lontani, perchè vigeva l'ordine alfabetico ed erano separate da dieci lettere.
La vicina di banco della sottoscritta, tale ES, cominciava a raccontarle del suo maneggio in campagna e di Ligabue e spesso terminava la dissertazione con un " certo che se continua così PC diventerà proprio una sgualdrina, lo dicono tutti in parrocchia" guardandosi alle spalle per il timore di essere sentita.
Mentre Don Pinello spiegava i salmi e la metà degli alunni facevano le parole crociate, un giorno entrò Suor Cristina a coprire PC con un maglione, mentre la povera diventava così rossa in viso da pensare che non sarebbe scoppiata ma arsa viva, e l'inferno allora esisteva ed era meglio pensare ai sacramenti piuttosto che a Robby Williams..

Per la cronaca PC è dimagrita venti chili e siede alla destra dell'intellighenzia parrocchiale pedemontana.
Evidentemente in certi ambienti la carne eccessiva è associata a un'eccessivo indugio nelle carni, o lei è una moderna Maddalena e io non l'avevo capito.

domenica 1 novembre 2009

Regole di interazione con il gruppo spiegate da un'outsider

Essendo un outsider cronica, una persona che non riesce a stare fissa in un gruppo ma ha la fissa del gruppo, per lo stesso motivo per cui le riccie vogliono diventare lisce, mi sono sempre chiesta perchè da sempre fatico a rapportarmi con il gruppo.














Un trentennio di relazioni sociali fatte/disfatte/distrutte mi ha fatto capire che il problema non sono Io, ma è la mia totale incapacità di sottostare alle regole del gruppo, regole apprese per osmosi dai suoi partecipanti come vengono apprese le canzone dei Beatles o di Gianni Morandi attraverso la placenta materna.

Le principali sono:
- Il gruppo non telefona. Mai. Tu devi cercare il gruppo. Se lo cerchi lui ti chiederà " Perchè non ti fai mai sentire?" a cui seguirà predica ed elenco delle attività fatte in tua assenza a cui ovviamente non sei mai stato invitato.
- Il gruppo non ti chiede come stai, se ti trasferisci in un'altra città. Tu devi chiamare e raccontare le tue avventure che è auspicabile siano peggiori di quelle del gruppo stesso, per non minare la visione fantastica della vita del gruppo, che è seconda per divertimento solo a quella di Hugh Hefner.
- stessa cosa capita quando ti trasferisci in un' altra regione/nazione europea. Non vale per il trasferimento intercontinentale, visto dal gruppo come una irripetibile occasione vacanziera, a cui non rinuncerà mai, anche se ti deve mondieu telefonare.
- ovviamente se hai relazioni sentimentali con un membro del gruppo, la tua popolarità nel gruppo cresce fintanto che la tua relazione prospera, per decrescere al primo segnale di crisi fino ad arrivare all' eliminazione totale dalla memoria by Lacuna INC. in caso di rottura definitiva. Ciao ciao bella.
Te se rivede.

Riassumendo le regole del gruppo assomigliano terribilmente a quelle del matrimonio.
Amare il gruppo, onorare il gruppo, essere fedeli per sempre al gruppo.
Coincidenze inquietanti che spiegano molte cose, soprattutto la mia fastidiosa orticaria al primo accenno di ambedue i concetti.


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